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Serial Killer Biografia Gianfranco Stevanin

Nome Completo: Gianfranco Stevanin
Soprannome: Il mostro di Terrazzo
Nato il: 2 ottobre 1960 - Morto il: in vita
Vittime Accertate identificate: 4 - Non id: 2
Vittime di violenze (sopravvissute): 2

Gianfranco Stevanin
Video

MODUS OPERANDI: Educato, gentile, sadico e amante del sesso estremo, incappava, al suo dire, in incidenti di percorso...le sue vittime morivano durante l’amplesso, strozzate o soffocate da lacci o sacchetti di plastica, poi fatte a pezzi disseminate qua e là oppure interrate....

Biografia Gianfranco Stevanin:
il "mostro di Terrazzo"

             Bio G. Stevanin inizio Indice
  Perizia psichiatrica G. Stevanin
  Intervista Gianfranco stevanin
  Arresto, indagini, rinvio a giudizio
  Storia della vita di G. Stevanin
  Il materiale sequestrato
  Esame delle perizie
  Le perizie d'ufficio
  Le perizie dell'accusa
  Le perizie della difesa
  Processo Corte d'Assise
  Sul banco dei testimoni
  Richiesta della pena
  Sentenza Corte d'Assise
  Processo Corte d'Appello

Material tratto dal sito POL.IT - Il primo caso analizzato riguarda appunto Gianfranco Stevanin, l'agricoltore di Terrazzo (Verona), uno dei serial killer che ha destato maggiormente l'attenzione dell'opinione pubblica e che sembra uscire direttamente da un serial killer dell'F.B.I.

Partendo dall'arresto e dallo svolgimento dei fatti, passando attraverso le tappe fondamentali della vita di questo assassino seriale, verranno ripercorse tutte le vicende giudiziarie che hanno portato poi alla condanna definitiva all'ergastolo sancita dalla Corte di Cassazione.

1.1. L'arresto, le indagini, il rinvio a giudizio

Il "caso Stevanin" nasce a Vicenza la sera del 16 novembre 1994: l'agricoltore di Terrazzo viene arrestato al casello di Vicenza Ovest, dopo che una prostituta austriaca, Gabriele Musger, si lancia dalla Lancia Dedra Blu, targata VE A28260, di proprietà dello Stevanin, dirigendosi verso una volante della polizia, che si trovava nei pressi del casello chiedendo aiuto. Gli agenti identificavano l'uomo in Stevanin Gianfranco e procedevano alla perquisizione del veicolo, rinvenendo e sequestrando una pistola giocattolo priva di tappo rosso.

La donna, in sede di denuncia, rendeva dichiarazioni accusatorie nei confronti dello Stevanin, raccontava di essere stata avvicinata dall'uomo, mentre era in attesa di clienti, il quale le domandava il prezzo per poter scattare delle fotografie. Pattuito questo per un milione di lire, specificato che non voleva farsi ritrarre il viso, saliva in auto per dirigersi verso l'abitazione del cliente. La Musger ha raccontato per ore cosa era successo in quell'abitazione: rapporti violenti, giochi erotici, foto porno. Agli agenti ha anche spiegato di aver cercato di fuggire dalla finestra del bagno, in cui era chiusa, ma il tentativo era fallito proprio per l'intervento violento di Stevanin, che aveva forzato la porta.

Ma era nel momento in cui la donna si rifiutava di farsi legare nuda al tavolo, di schiena, con una benda sugli occhi per ulteriori fotografie, che Stevanin, infuriato, la minacciava con una pistola ed un taglierino. Allora la prostituta gli offriva 25 milioni di lire per esser lasciata andare e lui le spiegava che erano pochi per il tipo di foto scattate, quindi la costringeva a salire in camera da letto, obbligandola ad avere un altro rapporto sessuale, ma assicurandole che, dopo, l'avrebbe accompagnata a casa per farsi dare i soldi. Così faceva, subito dopo, e, al vicino casello, la donna notava la pattuglia di Polizia, che provvedeva a bloccare Stevanin. La Musger dichiara immediatamente di voler denunciare il cliente per la violenza subita.

Immediatamente iniziano le perquisizioni nelle case dell'agricoltore, la villetta di via Torrano 41 ed il vecchio casolare di via Brazzetto, nelle quali gli investigatori sequestrano centinaia di riviste e fotografie pornografiche e peli pubici. Ma sequestrano, soprattutto, i documenti di due donne, Biljana Pavlovic, cameriera serba di 25 anni, residente ad Arzignano (Vicenza), della quale non si hanno notizie dall'agosto del 1994, e di Claudia Pulejo, 29 anni, tossicodipendente di Legnano (Verona) scomparsa il 15 gennaio dello stesso anno. Mentre gli inquirenti avviano le indagini sui probabili rapporti tra le scomparse e Stevanin, questi viene condannato a tre anni per la violenza sessuale subita dalla Musger, per sequestro di persona e di tentata estorsione di 25 milioni, ritenuto il reato più grave perché commesso con l'uso di un'arma. Nella motivazione della sentenza (3), si specifica che non assume alcun rilievo in senso contrario il fatto che i referti medici non abbiano riscontrato segni di violenza sul corpo della stessa, giacché, secondo il disposto dell'ex art. 519 del codice penale (abrogato dalla legge 66/1996, ora art. 609 bis), la violenza sessuale può essere realizzata anche con il ricorso alla semplice minaccia.

Intanto, all'ospedale di Borgo Trento, muore il padre di Stevanin, a causa di un cancro polmonare; è la madre a portargli la notizia in carcere. Nel frattempo continuano le perquisizioni della polizia, bloccata dal passaggio burocratico degli atti da Vicenza, dove è avvenuto l'arresto, a Verona, nel cui territorio è avvenuto lo stupro e dove, quindi, è radicata la competenza del caso giudiziario. Vengono trovate lettere indirizzate a fidanzate e compagne di giochi erotici, schede di ragazze con indicate misure e prestazioni, riviste pornografiche mescolate a santini di Padre Pio. Tra queste c'è anche la scheda di Claudia Pulejo, una tossicomane scomparsa.

Il 3 Luglio 1995, a Terrazzo, a poco distanza dalla casa di Stevanin, un agricoltore trova in un fosso, in disuso da tempo, un sacco contenente un cadavere, che il medico legale, il Dottor Zanardi, stabilisce essere umano. Il fato o la Provvidenza, per chi è cristiano, ha fatto scoprire da una possibile scarcerazione il primo dei cadaveri di cui Gianfranco Stevanin, oltre un anno dopo, ammetterà di essersi sbarazzato. (4) Le indagini, a questo punto, vengono condotte dai carabinieri, che per primi sono intervenuti sul luogo del ritrovamento, e da un nuovo magistrato, Maria Grazia Omboni: tre giorni dopo, Stevanin, indagato per omicidio volontario ed occultamento di cadavere, viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Montorio, e a Terrazzo arrivano le ruspe.

12 Novembre 1995. Viene trovato il cadavere di una giovane donna, piegato in due, avvolto in un ampio telone blu del tipo usato in agricoltura, ad un'ottantina di centimetri di profondità. A differenza di quello ritrovato il 3 Luglio, questa volta il ritrovamento non è casuale e, soprattutto, non è in un luogo qualsiasi. Il cadavere (che dopo le prove del Dna e la ricostruzione dei lineamenti del volto risulterà essere quello di Biljana Pavlovic) era stato sotterrato in un podere della famiglia di Gianfranco Stevanin. (5)

1 Dicembre 1995: viene disseppellito un terzo cadavere, anche questo avvolto in un bozzolo di pellicola trasparente; si tratta di Claudia Pulejo. Diventano così sempre più inquietanti i risvolti della vicenda, che inizialmente sembrava solo uno stupro ai danni di una prostituta, la Musger, che ha fatto arrestare Stevanin per violenza carnale, dando il via all'indagine sulla storia di un'ossessione, quella del "mostro di Terrazzo".

Dicembre 1995-Giugno 1996. Inizia la battaglia di nervi tra la Omboni e Stevanin: dalle foto sequestrate si scopre che vi sono riprese almeno altre due vittime. Stevanin, pertanto, viene accusato della sparizione della prostituta austriaca Roswita Adlassnig e della morte di una donna, mai identificata, ritratta, apparentemente priva di vita, in una pratica erotica estrema; ed ancora, si indaga per la morte di una ragazza dell'est, il cui corpo era stato recuperato nell'Adige a Piacenza d'Este (Padova). Gli omicidi contestati a Stevanin diventano cinque: tre con cadavere ritrovato, due solo supposti.

Intanto il Giudice per le indagini preliminari, Carmine Pagliuca affida la perizia psichiatrica a due periti, due esperti di serial killer: Ugo Fornari, professore di psicopatologia forense presso l'Università di Torino, e Ivan Galliani, ordinario di criminologia presso l'Università di Modena; si affiancano a loro due periti di parte Mario Marigo e Giovani Battista Traverso; ed infine Marco Lagazzi, consulente per il P.M. Continua, nel frattempo, il serrato interrogatorio del pubblico ministero Omboni: Stevanin nega di essere la causa della morte di quelle donne, ma inizia ad avere dei flash di memoria e riferisce di come si sia sbarazzato dei corpi. L'agricoltore spiega che i suoi avvocati (Dal Maso e Acebbi), insistendo con le domande, cercano di fargli rivivere il passato e qualcosa gli ritorna in mente, ma, racconta, "è come se fosse un ricordo che io sogno", quindi spiega meglio, "cioè può essere una cosa che io avevo vissuto realmente ma che avevo cancellato". (6)

19 Luglio-23 Agosto 1996. A modo suo, Stevanin "confessa" quattro delitti: quattro ragazze gli sono morte tra le braccia, tre durante rapporti sessuali spinti all'estremo, una, la Pulejo, per overdose da eroina. Ci sono voluti tre interrogatori per delineare meglio la vicenda della terza vittima (una studentessa universitaria, conosciuta a Verona ed incontrata tre o quattro volte; la prima parte la racconta il 23 giugno, come un sogno fin troppo lucido e ricco di dettagli macabri; la seconda il 23 agosto, il giorno del crollo, quando il sogno diventa realtà; la terza il 20 settembre prima del sopralluogo sul fiume). Oltre a ciò, Stevanin racconta, sotto forma di deduzioni o presunzioni, di aver sezionato il cadavere al fine di occultarlo, di aver tagliato prima gli arti, le gambe, poi le braccia, ricavando due pezzi per ogni arto, che la ragazza era abbastanza giovane con dei lunghi capelli biondi. Ricorda anche di aver vomitato una volta durante il sezionamento, di aver visto molto sangue; egli sostiene che "il ricordo più forte che ho è appunto del sangue". Afferma di avere come dei flash in cui si trova di notte sulla sponda di un ampio canale, in due punti, dove avrebbe potuto gettare i cadaveri. Sostiene di non aver alcun ricordo del volto ("è come se io vedessi un volto sfocato al massimo"); riferisce, poi, di un secondo momento, di aver rinvenuto nella stanza della cascina un rotolo avvolto nel nylon trasparente, che lasciava trasparire al suo interno una massa scura, che "poteva essere di una pecora, ma anche il corpo di una persona piegata in due", ma più volte ribadisce che "quello probabilmente era una corpo umano, sono io che vorrei che fosse qualcos'altro". (7)

Settembre 1996. Vengono sequestrate cinque lettere, con minacce di morte, inviate alla giornalista Alessandra Vaccari dal detenuto Giuliano Baratella. Si tratta di lettere scritte da Stevanin e fatte copiare dal compagno di detenzione, in cui Baratella si autoaccusa di essere il colpevole dei delitti "ingiustamente" attribuiti all'indagato. Relativamente alle domande fatte dal P.M. sull'argomento, Stevanin dichiara di avvalersi della facoltà di non rispondere. Intanto (24 Settembre 1996), viene ritrovato un altro cadavere; si tratta di una giovane donna sconosciuta, trovata priva di capelli e in avanzato stato di decomposizione lungo le rive dell'Adige.

Ottobre 1996. I periti Fornari, Galliani e Lagazzi dichiarano Stevanin processabile.

5 Novembre 1996. Il P.M. Omboni chiede il rinvio a giudizio per omicidio volontario e premeditato di Claudia Pulejo e Biljana Pavlovic. All'udienza preliminare, i parenti delle vittime si costituiscono parte civile; non c'è il rito abbreviato, perché sono state contestate molte aggravanti da ergastolo: oltre alla premeditazione, l'assassinio durante la violenza sessuale, la crudeltà, i motivi abietti, l'aver approfittato di vittime rese inermi; per l'occultamento di cadavere, sono indagate altre persone, tra cui la madre, ma per loro si procede separatamente. Il Gip, Carmine Pagliuca, accoglie la richiesta di rinvio a giudizio per duplice omicidio volontario, premeditato e con le aggravanti della violenza sessuale. Su Stevanin, sospettato di essere un sadico serial killer, sono ufficialmente aperte altre cinque inchieste per omicidio.

6 Ottobre 1997. Questa è la data in cui Gianfranco Stevanin comparirà davanti ai giudici della Corte d'Assise.

1.2. Storia della vita di Gianfranco Stevanin

I dati a nostra disposizione sono quelli raccolti dalla sua viva voce durante i numerosi colloqui che i periti, Fornari e Galliani, hanno avuto con lui presso il carcere di Verona Montorio: Stevanin, a quanto riferiscono i periti, a parlato il maniera spontanea, sciolta, cercando di fornire loro tutti i chiarimenti che gli venivano richiesti. Gli elementi riguardanti la vita di Stevanin dedotti da altri ambiti sono indicati in nota.

Anamnesi familiare. Il padre Giuseppe è deceduto il 17 novembre del 1994, per cancro polmonare all'età di settantadue anni, due giorni dopo l'arresto del figlio. L'agricoltore racconta di aver sofferto molto per la sua malattia. Aggiunge di avere un ottimo ricordo di lui: "c'era un rapporto più da amici che da padre e figlio, ci si intendeva molto bene con papà, specie nel campo del lavoro". La madre Noemi Miola, è una donna vivente e sofferente di artrosi, vive con una sorella; Stevanin dichiara, in un primo momento di avere un buon rapporto con lei, "anche se non è così aperto come tra un genitore e un figlio". Afferma esplicitamente, di appartenere ad una famiglia economicamente agiata, ma ricorda di essere cresciuto in un ambiente anche troppo protettivo: "i miei, forse per iperprotettività, intervenivano sempre; in poche parole, se volevo fare qualcosa senza sottostare al loro occhio inquisitore, dovevo tenerla nascosta". Poi, aggiunge che tutto questo gli dava fastidio all'inizio, perché i suoi non lo consideravano un adulto in proporzione all'età che aveva; dopo però, ha iniziato a decidere con la sua testa e diceva loro solo l'indispensabile.

Anamnesi personale. Gianfranco Stevanin nasce a Montagnana (Padova), il 2/10/1960; i primi quattro anni della sua vita li trascorre in campagna; proviene da una famiglia di agricoltori, ma era il padre, come egli ammette, che si occupava di uccidere le bestie per mangiarle, in quanto a lui dava fastidio uccidere galline o vacche.

Infanzia di Stevanin

A 4-5 anni viene messo in collegio, in quanto la madre ha problemi con la gravidanza (poi sfociata in un aborto); quando ritorna in famiglia, frequenta regolarmente le scuole elementari del paese, ma, dice "tra la seconda e la terza classe, usando un attrezzo agricolo, caddi e picchiai la testa sul timone di questo; rischiai grosso ma me la cavai con 3-4 punti di sutura. Questo fatto è importante perché i miei, per evitare che mi cacciassi in situazioni di rischio, mi affidarono ad un istituto di suore. Da quel momento mi venne a mancare la presenza di figure importanti ed è per questo che iniziai a far affidamento solo su me stesso". (8) Questa situazione richiama alla mente quella che Mazer chiama "famiglia problematica" (vedi cap. 2, par.1.1), in cui la famiglia, pur se spezzata, sussiste ancora e vi è mancanza di continuità nello svolgimento dei ruoli. Nel collegio rimane per tutte le scuole medie e per il primo anno delle superiori; di queste ha un ricordo neutrale, anche se, spiega, si è ambientato bene col tempo. Tornato a casa, continua gli studi presso la scuola statale di Legnano, ma deve interromperla a causa di un incidente stradale.

L'incidente stradale

Il 21 novembre 1976, a seguito di un incidente stradale con la moto, picchia violentemente il capo e riporta una frattura frontale ed un grave trauma cranico; dopo un mese, viene sottoposto ad un intervento di "plastica del pavimento della fossa cranica anteriore destra e ricostruzione del margine orbitario". (9) Le conseguenze furono gravi: lesione bilaterale dei lobi frontali e delle vie nervose collegate al sistema limbico; l'atrofia successiva ha provocato un focolaio epilettico. Il grave danno neurologico, come egli racconta, ha indotto numerosi cambiamenti nella vita, nella sfera sessuale, nei comportamenti, nei rapporti con le persone. Un lento ma evidente mutamento del carattere osservato da tutti: parenti, amici, fidanzata.

Lo stesso Stevanin dice che quel volo dalla motocicletta gli ha stravolto l'esistenza: "dopo il trauma sono cambiato, ho dovuto cambiare. Tornato dall'ospedale, mi sono trovato senza amici, senza compagnie. Non potevo neanche fare il motocross, il mio sport preferito. Rispetto a prima ero diventato più tranquillo, misuravo sia le parole che i fatti. Mia madre, a quell'epoca, è diventata ancor più iperprotettiva, ero sempre sotto una cappa". Come detto, dopo le dimissioni dall'ospedale, iniziano le crisi epilettiche e, in seguito, Stevanin fu costretto a lasciare la scuola perché "non riuscivo più a rimanere concentrato a lungo ed avevo forti emicranie". (10)

Precedenti giudiziari

Risulta che Stevanin sia stato processato e condannato per reati commessi tra il 1978 ed il 1979; simulazione di reato ("ho fatto finta di essere stato rapito, telefonavo a casa fingendo di essere il rapinatore e chiedevo il riscatto"); violenza privata ("ho fatto finta di avere una pistola in tasca e ho chiesto ad una ragazza di venire con me ad una fiera lì vicina"); rapina ("sempre fingendo di avere un'arma, ho chiesto ad una donna di darmi una spilla attaccata al bavero"). Nel marzo del 1983 è responsabile di un incidente stradale in cui muore una donna e viene condannato per omicidio colposo; qui emerge ancora il carattere iperprotettivo della madre che lo rassicura: "non ti preoccupare, ti comprerò una macchina nuova". Infine, nel luglio del 1989, sequestra e violenta Maria Luisa Mezzari, prostituta di Verona; dopo nove anni, Stevanin viene riconosciuto colpevole anche di questo reato.

I rapporti con i coetanei. Ammette, quantomeno fino all'incidente stradale, di aver sempre avuto molti amici, non aveva difficoltà a farsene; i primi ricordi risalgono ai compagni del collegio: "quando scappavamo dal collegio, avevamo una sensazione di libertà".

La sessualità

"La mia sessualità è un po' complicata"; esordisce così e racconta di averla scoperta intorno ai dodici anni; a tredici anni ha avuto due rapporti con una ragazza di 24-25 anni, sposata, "lei mi ha usato e non mi è dispiaciuto, in questo modo ho conosciuto il sesso in prima persona". I suoi genitori erano molto religiosi, perciò ha avuto un'educazione molto rigida; a quattordici anni gli avevano regalato un libretto sulla sessualità, ma apertamente in casa non se ne è mai parlato; da solo, sostiene, ha, però, appreso informazioni utili e corrette da alcune "buone letture sulla sessualità, non porno, ma educazione sessuale vera e propria". I libri, ammette, li leggeva in biblioteca, le riviste porno a casa; sua madre ha fatto delle scenate, poi le acque si sono calmate; in quel periodo, sostiene, "giravano in casa mia foto che facevo di donne nude, prima ci furono battibecchi con mia madre, poi più niente". Andava a confessarsi, "però cercavo di fare andare alla svelta la confessione in quel punto"; il sesso in se stesso, Stevanin, non lo considerava peccato, visto che si trattava di qualcosa che completava la relazione affettiva tra due persone.

In uno dei primi colloqui con i periti, dice che dopo il rapporto si sentiva come un dio, come se avesse riportato una grande vittoria, ma in quelli successivi nega di averlo mai detto; e precisa "mi sentivo piacevolmente disteso e, assieme alla mia partner, vivevo momenti di meraviglioso oblio, in cui problemi e preoccupazioni sparivano". Nega di aver mai avuto rapporti omosessuali, anche se non li condanna, né rapporti violenti: "le uniche cose che non sopporto (riguardo al sesso) sono la violenza, l'egoismo e quanto legato alla psicopatologia". Quando i periti gli chiedono di dare un valore alla sessualità, lui risponde: "sinceramente, non mi sento di valutarla senza considerare il sentimento; assieme al sentimento vale un buon 50%, forse qualcosa di più; per me, la sessualità insieme al sentimento è molto forte, è una cosa quasi indispensabile". Ammette che le esperienze di sesso estremo sono incominciate nel 1993, quando ha avuto l'occasione di prenderne conoscenza su alcuni libri. Quando i periti gli chiedono quale sia il suo concetto di perversione, egli afferma: "per me la perversione inizia quando, per avere piacere o per trarre piacere si debba dare dolore", quindi, per lui, sadismo e costrizione psichica sono considerate "tecniche raffinate". Gli incontri fatti sul marciapiede, dice, "si possono contare sulle dita di una mano, le ragazze le incontravo per strada, alcune erano prostitute ma io non lo sapevo". Fino a 18 anni dice di aver cercato solo il sesso fine a se stesso, poi si è interessato al sentimento, che alla fine ha prevalso, fino a che non è diventato fondamentale con Maria Amelia.

La relazione più significativa

Il rapporto più lungo è stato tra i 20 ed i 25 anni (1980-'85), con una sua coetanea, Maria Amelia; "è stato il rapporto più importante in assoluto, c'era l'amore, quello con la A maiuscola". Ammette di aver fatto dei progetti di vita insieme a lei, ma il matrimonio era molto lontano; poi, quando la ragazza si è ammalata, i genitori gli hanno sconsigliato di continuare a frequentarla, i rapporti con i suoi cominciano a deteriorarsi e, quindi, decidono di lasciarsi. Stevanin sostiene che "finì per colpa dei miei genitori. Hanno fatto di tutto perché la lasciassi. Forse per iperprotettività, intervenivano sempre; non mi consideravano un adulto". (11) Quando lui ritorna a cercarla, lei si è rifatta una vita sentimentale e Stevanin ne soffre molto. Confessa ai periti: "dopo quella donna, ho avuto altri rapporti sentimentali, che si sono sempre interrotti, perché io cercavo la sua sosia e non la trovavo; prima, la mia, era una solitudine piena, poi è diventata una solitudine vuota". (12) Dopo la fine della storia con Amelia, nel 1985, sono diventati frequenti i rapporti di una notte: il sesso è aumentato, ma in Stevanin è aumentata anche l'insoddisfazione di fronte a prestazioni erotiche fini a se stesse; "l'affetto è rimasto legato ad Amelia, il sesso, un po' per volta, se ne andato per la sua strada".

Le fantasie

Stevanin sostiene che le sua fantasie sono sempre state fervide: fino ai diciotto anni sono rimaste tali; dopo sono diventate realtà, ma "passando a realtà, si esaurivano nel comportamento; la miglior cosa per le fantasie sarebbe che rimanessero tali, una volta messe in atto non erano più fantasie; diventate realtà non mi eccitavano più". Importante è un episodio avvenuto nel novembre 1994, quando incomincia a cercare donne per strada; l'ultima quando è di ritorno dall'ospedale dove è ricoverato il padre morente; quella sera avviene, probabilmente, la giunzione tra sesso e morte; la fantasia di morte del padre si congiunge perversamente con quella del sesso a pagamento.

1.3. Il materiale sequestrato nell'abitazione di Stevanin

Durante le perquisizioni nella casa di Stevanin, i carabinieri rinvengono del materiale che viene messo sotto sequestro: (13) un taglierino, due pistole giocattolo, indumenti intimi, capi d'abbigliamento femminile, borsette da donna ed i documenti di cinque ragazze. Poi ancora, circa 150 contenitori di foto, per un totale di oltre settemila fotografie, negativi non ancora sviluppati, decine di videocassette porno, una capigliatura bionda, contenitori con peli pubici; inoltre, giornali pornografici, lettere ad amanti e fidanzate, santini ed immagini di libri sacri, riviste, romanzi, enciclopedie di medicina, atlanti di anatomia, volumi sull'uso della macchina fotografica e, infine, le famose "schede" sulle prestazioni di alcune donne.

Relativamente ai capelli ed ai peli, Stevanin, in un primo momento, informa che sono di tre o quattro donne, successivamente dice di averne rasate parecchie, non ricorda però il numero preciso: "provavo piacere a vedere una ragazza adulta come una ragazzina; mi piaceva sentire la pelle liscia, senza peli". Per quanto riguarda i capelli, continua a spiegare di non ricordare, ma in seguito precisa: "io tenevo i peli pubici e i capelli perché pensavo di farmi l'imbottitura di un piccolo cuscino; già c'erano i peli pubici, mi sono detto: perché non mettere anche dei capelli?". (14)

Le letture di Stevanin

Dei libri sequestrati molti erano a carattere erotico o sadico. Al di là dei temi, i periti spiegano che colpisce il fatto la maggioranza di questi si collocano, come anni di pubblicazione, tra il 1985 ed il 1989, quasi a testimoniare, come l'interesse per questioni inerenti la sessualità si fosse concentrato in quell'arco temporale, per poi scemare nettamente. Ma è lo stesso Stevanin a precisare, di fronte al dubbio dei periti, che "semplicemente, non hanno trovato quelli di prima; ce n'erano molti di più che poi ho eliminato, perché non avevano niente a che vedere con il sentimento applicato al sesso". (15) I consulenti delle parti processuali, successivamente, hanno preso visione di tutta la documentazione cartacea e fotografica, analizzandone approfonditamente il contenuto, ritenuto estremamente importante per la ricostruzione del profilo psicologico del periziando. Emerge chiaramente da essa che Stevanin leggeva e, poi, modificava quanto appreso, arricchendo e variando le tecniche erotiche sulla scorta di esperienze e fantasie personali; inoltre, il giovane di Terrazzo, copia alcune parti di libri e riviste, trascrivendoli in parte a mano, in parte a macchina, e spiegando egli stesso che "servivano per sé oppure per darli a persone che, in quel momento, lo interessavano". (16)

Particolarmente importante, secondo il periti, risulta essere il libro Facile da uccidere (17), per una parte del suo contenuto e, soprattutto, perché, in copertina, è raffigurata una donna bionda, seduta di spalle su di una sedia, nuda, legata con la tecnica del bondage (immobilizzazione), con appesa una macchina fotografica; a specifica domanda, Stevanin liquida la questione affermando di non aver ancora letto il libro. Si tratta di un romanzo di letteratura poliziesca, in cui si descrivono le ultime ore di vita di un serial killer, narrando, da un lato, il rapporto con la vittima tenuta sotto sequestro, dall'altro, la biografia del protagonista, interpretata in chiave psichiatrica. Particolarmente suggestivi risultano alcuni passi, se confrontati con la storia e le vicende di Stevanin; infatti, gli psichiatri hanno sottolineato, nella loro perizia, le analogie di comportamento tra il periziando e Douglas Jeffers, il protagonista del romanzo. I due esperti, Fornari e Galliani, sostengono che Stevanin, suggestionato dal romanzo, potrebbe aver voluto emulare, almeno in parte, le gesta del suo "eroe": un fotoreporter che ama fotografare le proprie vittime appena uccise, tra cui donne tagliate a pezzi, prostitute assassinate e sepolte nei terreni vicini alla casa dell'infanzia, donne legate e seviziate con il rasoio. Scrivono i periti nel loro commento: "se confrontato con quanto è noto della sessualità dello Stevanin, dei suoi hobbies, del suo modus operandi nell'approccio sessuale e nella successione degli omicidi, dei reperti rinvenuti nella sua auto e in casa e di come si è svolto l'episodio con la Musger, il libro appare estremamente suggestivo, tanto da poter far sorgere l'ipotesi che il personaggio del libro sia stato assunto come modello". (18)

In data 25 settembre 1996, Stevanin consegna ai periti un foglio scritto di proprio pugno e copiato da una rivista pornografica trovata in carcere. In questa pagina descrive "come mi riconosco": "elegante, raffinato, sempre con un accenno di quel buon profumo e perfettamente rasato. In lui e da lui ogni cosa è al suo posto, tutto in ordine. E sempre con quella piccola perversione: a lui la donna piace "nature", in minigonna, senza slip né collant e depilata. In questo modo, infatti, il piacere inizia quando esco dalla porta di casa e termina solo quando rientro in casa". (19) A questo punto Stevanin precisa che la pornografia non ha niente a che fare con l'oscenità. Secondo i periti, queste poche righe ritraggono Stevanin in un modo che coincide perfettamente con il profilo psicologico da loro effettuato.

Le Schede di fotomodelle

Tra le altre cose, sono state sequestrate numerose "schede di fotomodelle", accompagnate da alcuni facsimile di scheda tipo, con molte voci inerenti alle misure del corpo delle ragazze. Recano tutte la voce "esperienze"; in seguito Stevanin precisa che la dizione indica "esperienze fotografiche": contengono generalità della modella, dati descrittivi quali misure corporee (altezza, peso, giro seno, fianchi, ecc.) e colore dei capelli, tipo di servizio fotografico per il quale la ragazza è disponibile.

Il serial killer rivela, inoltre, ai periti la sua intenzione di fare il fotografo e non più l'agricoltore. Ammette che le foto venivano fatte solo per suo piacere e che furono scattate in un arco temporale piuttosto ampio (1981-1994); tutte le ragazze che sono inserite nelle schede, sostiene di averle conosciute e che nessuna è inventata; viene, invece, appurato in seguito che solo alcune di quelle donne sono realmente esistenti. Allegati alle schede, vengono trovati dei fogli che inducono gli inquirenti a ritenere che la finalità di esse fosse legata all'intenzione di svolgere servizi fotografici pornografici ed avere delle credenziali da presentare ad eventuali clienti e nuove candidate. In alcune cartelle, sono presenti scritte che fanno riferimento allo Stevanin come fotografo (es. modella n.2: "unico fotografo, sviluppatore e stampatore della mie fotografie sarà Stevanin Gianfranco"). Fare qualche foto, diceva, lo aiutava a creare un clima di confidenza e di complicità; del resto Stevanin affermava che "le foto mi servono per ricordare o per fantasticare".

Le Lettere

Numerose missive trovate nell'abitazione dell'agricoltore sono indirizzate alla sua ex fidanzata e, ovviamente, l'argomento principale di esse è il sesso. In molte di queste egli cerca di convincere le ragazze a spingersi oltre quanto abbiano già sperimentato sul piano delle esperienze sessuali. Vi è anche un foglio in cui Stevanin scrive un pensiero al suo grande amore: "ti voglio tanto bene. Franco al suo amore, l'Amelia, l'anima gemella per l'eternità". (20) Poche sono le lettere che esulano dall'argomento sesso; in una di queste il serial killer parla di una ragazza che apprezza per la sua semplicità e sensibilità: "vedi, mi ha molto colpito di te la semplicità e la franchezza con le quali ti sei confidata con me; e, visto che le persone capaci di aprirsi e di fidarsi del prossimo sono poche, troppo poche, tu rientri in quella cerchia di persone con le quali vale veramente la pena aprirsi, donare il tutto per tutto, donare tutto se stesso". (21) Poi continua scrivendo: "e visto che quando posso aiutare qualcuno mi sento veramente realizzato, tu mi hai dato molto, non credi? Di questo non finirò mai di ringraziarti. Sono le persone come te che mi rendono felice. Felice di sentirmi utile, di fare qualcosa di utile, felice di vivere".


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