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Serial Killer - Le fantasie

“Su questa terra, o su altri mondi , l’uomo ha da secoli una fedele  compagna, La Paura”.
(Edgar Allan Poe - 1809-1849)

 

Le fantasie violente dei Serial Killer

Pag. 2 - A questo punto si doveva capire che la situazione stava sfuggendo di mano. L'acting-out delle fantasie aveva preso una direzione fin troppo evidente, il soggetto era passato da se stesso come unico protagonista ad una vittima, certo facile, più giovane di lui, e all'uso di un'arma per assicurarsi che tutto andasse come lui aveva immaginato. E' molto interessante il fatto che queste prime manifestazioni delle fantasie che si concretizzano siano gli argomenti più difficili da affrontare con i soggetti. Sono estremamente riluttanti a parlarne e cercano in continuazione di trovare giustificazioni di fronte all'intervistatore.

E' come se fossero coscienti che quello è stato il momento in cui hanno deliberatamente e coscientemente passato la linea, il momento in cui esisteva il controllo su questi comportamenti, il momento in cui doveva scattare una massiccia razionalizzazione; non è successo niente di tutto questo piuttosto quegli avvenimenti sono ragionevolmente una delle poche cose di cui i soggetti si vergognano a parlare. Anzi, questo è verosimilmente il momento in cui i soggetti imparano che possono uscire inintaccati dalle loro azioni criminose; gli atti subiranno un'escalation e se si arriverà all'omicidio con una sensazione di impunità il destino di questi soggetti sarà segnato.

Il potere di vita e di morte e la realizzazione che un individuo decide se ferire uccidere ed esercitare dominio e violenza indiscriminata su altri secondo il proprio piacere è un'esperienza molto precoce nella vita di questi uomini. Douglas e Ressler sono molto chiari su questo punto; la parola chiave qui è "Controllo". La disintegrazione della personalità dovuta ai traumi e la solitudine causata da bizzarri comportamenti e convinzioni fanno sì che il soggetto non si senta minimamente in controllo di quello che gli succede. Questa sensazione di controllo viene recuperata all'interno delle fantasie in modo esagerato e paradossale. La mancanza di piaceri derivati dalla vita comune spinge i soggetti a fare sempre più affidamento a queste fantasie, che durante la crescita diventano sempre più pericolose.

Presto il confine crolla e l'individuo classifica gli episodi fantastici come unico elemento di valore della propria vita. Quando lo stress e la frustrazione aumentano fino a divenire intollerabili, le fantasie saranno vissute fino all'ultimo dettaglio. E' questa la ragione, forse, per la totale mancanza di rimorso a fronte di crimini di inaudita ferocia. All'interno delle proprie fantasie tutto è lecito. Chi non ha mai immaginato di soffocare il proprio capo nel sonno con un cuscino ? Ebbene i serial killer arrivano a credere, tanta è l'abitudine a vivere di fantasie, che non ci sia differenza con la realtà. Tanto è il loro rancore per il mondo e tale è la loro forza interiore che al momento dell'esplosione si trasformano negli assassini più temibili del mondo.

Alcuni riescono a convivere con le proprie azioni, altri le dislocano, cercando di spostarle da sè, altri sperimentano stati di dissociazione. Ted Bundy ha parlato dei propri crimini in terza persona fino all'ultimo, facendo finta che si trattasse di narrazioni di azioni altrui. Jeffrey Dahmer ha probabilmente sperimentato forti dissociazioni e delle specie di trance quando compiva certi atti. Il giorno che è stato arrestato a seguito della denuncia di una vittima che era riuscita a scappare, è stato trovato dagli agenti nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato la scampata vittima: a sedere sul letto che ondulava in su ed in giù con gli occhi sbarrati. I dati comuni parlano da soli a proposito della precocità e della potenza di queste fantasie; per diciannove dei trentasei assassini che hanno risposto alla domanda "A che età sono iniziate le fantasie di stupro e violenza ?" la risposta è stata :dai cinque ai venticinque anni.

I desideri di esercitare sadismo sugli altri possono manifestarsi, in una serie di schemi molto diffusi fra questo tipo di criminale, anche sugli animali. Uno degli intervistati, Ed Kemper, era famoso per essere soprannominato "Doc" per la sua mania di uccidere e sezionare gatti. Interessante come spesso la colpa viene spostata sull'animale stesso e non sulla crudità del proprio gesto. Un soggetto riferisce di aver iniziato a torturare gatti dopo che la casa si era riempita di pulci per averne portato a casa uno. Iniziò a legare petardi ed esplosivi agli animali, per primo al suo , ed è fiero di aver prodotto molti gatti zoppi ad una gamba. Ogni atto o pensiero che si avvicina all'espressione di sentimenti violenti diventa un elemento ricorrente delle fantasie e dei desideri dell'individuo.

Quello che dall'esterno percepiamo come una drammatica escalation che porta all'uccisione di un animale o di un uomo è in realtà una lenta progressione di elementi che ha origine nelle fantasie. Questo ci porta ad un altro assunto fondamentale della genesi del
serial killer: I pensieri creano un cosiddetto "Feedback loop", un circolo vizioso in cui inquietudini, fantasie e convinzioni si sostengono rinforzandosi e giustificandosi a vicenda. Questo processo fa sì che durante la sua formazione un futuro assassino seriale realizzi molto presto che l'uccidere è un fatto assolutamente normale e giustificato nella sua vita. Sempre Ed Kemper è tristemente famoso di come con il fucile di suo nonno dava la caccia ai pavoni ed agli struzzi dei vicini.

Quando il nonno lo rimproverava per il suo cattivo uso del fucile dallo stesso affidatogli, Ed non pensava di aver esagerato ma che il nonno si sbagliasse. Per quanto lo riguardava stava facendo cose normalissime; erano gli altri che non capivano. All'età di quattordici anni il nonno gli tolse l'uso del fucile perché diceva che esagerava nelle cose che faceva e lo metteva in imbarazzo con i vicini. Anche la nonna, la persona della famiglia forse più vicina al giovane Edward lo sgridava spesso per questi problemi. Più tardi Ed trovò naturale uccidere entrambi "per vedere che effetto fa sparare al nonno". Per i serial killers l'esperienza ha un valore supremo e senza prezzo; concretizzare i sogni di una vita. Provare tutte le sensazioni. Sappiamo che il basso livello di eccitazione li spinge a cercare stimoli sempre più nuovi e sempre più estremi.

E' famosa la frase di Albert Fish, forse uno degli assassini sessuali più infami e privi di rimorso mai visti dall'America, che prima di sedersi sulla sedia elettrica per essere giustiziato disse : "Sarà il brivido supremo, l'unico che non ho ancora provato". Oppure quella di Peter Kurten, famoso "mostro di Dusserdolf", che non vedeva l'ora di essere decapitato; il suono della testa che cade e la sensazione del suo stesso sangue che scorre sarebbero stati il suo ultimo, intenso, piacere. Per quanto riguarda i modi in cui l'aggressività si esprime da adulto l'indagine svela che la corrispondenza fra le fantasie infantili ed il loro acting-out adolescenziale e le caratteristiche dei crimini da adulto è diretta.

Il legame qui è in modo più specifico tra fantasia e Firma. La firma, quello che il criminale deve fare per appagare la sua ansia, è solamente un obbedire cieco alle fantasie. "Il demone" che molti criminali indicano come il vero colpevole degli atti è semplicemente quello: il mondo fantastico del soggetto. In conclusione di questa parentesi possiamo dire che le fantasie giocano un ruolo essenziale nella costituzione della psiche di un assassino seriale e che è importante conoscere i meccanismi attraverso i quali le stesse funzionano per poter capire come si concretizzano nei crimini e a che personalità possono appartenere.


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