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Serial Killer - Chi Sono

“Su questa terra, o su altri mondi , l’uomo ha da secoli una fedele  compagna, La Paura”.
(Edgar Allan Poe - 1809-1849)

 

Sviluppo della prospettiva comportamentista in campo criminale

Pag. 1 | L'assunto di partenza degli investigatori è:

Di fronte alla scoperta di un cadavere, ed al cospetto di un' ipotesi di omicidio tutto quello che chi indaga trova a sua disposizione è la scena del crimine. Non è certo un'invenzione degli agenti dell' F.B.I. la scoperta che la scena del crimine contiene in se stessa la maggior parte delle informazioni che riguardano l'esecutore materiale. Ma è sicuramente a loro che dobbiamo la formazione di un metodo, in cui rientra la figura del "profiler", lo sviluppatore di profili, ed una serie di studi che hanno avvicinato le forze di polizia a quella tipologia di assassini che prende il nome di serial killer. Le tecniche di analisi della scena del crimine sono nate insieme al crimine stesso, ma non c'è dubbio che è all'America che ci dobbiamo rivolgere per informarci sugli assiomi comportamentali che, applicati alle indagini, aiutano ad identificare il possibile autore del delitto seriale, spesso con carateristiche sessuali.

Le indagini scientifiche in direzione criminale sono iniziate presto; già alla fine del diciottesimo secolo lo svizzero Johann Kaspar Lavatar aveva abbozzato una teoria fisiologica chiamata l'arte della fisiognomica, attraverso la quale cercava di scoprire come le caratteristiche del volto di ogni individuo ne rivelassero il carattere. Circa nello stesso periodo Josef Gall rispondeva con la Frenologia, una teoria che prendeva come punto di riferimento la forma del cranio in cerca di conferme sulle inclinazioni di una persona. Sia la Fisiognomica sia la Frenologia erano applicate nello studio dei volti dei criminali vivi o morti in un tentativo di spiegare l'inclinazione al crimine attraverso la lettura di caratteristiche somatiche ataviche.

Più specificamente il binomio sesso morte era stato messo in evidenza dai pionieristici studi del marchese di Krafft-ebing, che per primo iniziò a parlare, all'incirca nel 1905-6, del termine classificatorio " omicidio per libidine". L'attenzione degli scienziati e del pubblico per gli omicidi privi dei moventi classici si fa sempre più pressante. E' proprio la neonata macchina cinematografica che si fa interprete di questo interesse con film del genere de "Il gabinetto del dottor Caligaris", del 1920, in cui si narra dei misteriosi omicidi commessi da un pazzo e delle allucinazioni attraverso le quali riesce a giustificare le sue azioni, oppure più tardi del famigerato "M. il mostro di Dusserdolf" di Fritz Lang (1931), storia di un maniaco manifestamente sadico che uccide bambine.

E' un' ometto ordinario, grassoccio e anonimo, che sgranocchia mele per strada. Si tradirà perché nel raptus omicida che lo prende fischietta sempre la canzone "Grieg", condotta che fa parte di un rituale di azioni che rientrano nel corredo del serial killer. Ma il primo, vero profilo di un criminale di cui siamo a conoscenza risale al 1880 e fa riferimento al capostipite e forse alla figura storicamente più famosa del genere: Jack lo squartatore. L'autore è Thomas Bond, il medico chirurgo della polizia che fece l'autopsia su Mary Kelly, l'ultima delle vittime dello squartatore. Bond fu inizialmente chiamato per esprimere il suo parere sulle eventuali abilità e conoscenze chirurgiche dell' assassino; un fattore che gli inquirenti del tempo ritenevano di estrema importanza per l'individuazione degli eventuali sospetti.

Si dilungò nella sua analisi tentando anche una ricostruzione dei molti diversi aspetti del crimine. Nelle sua relazione si legge: "Lo straccio situato in alto a destra sulla testa della vittima presenta tagli ed è saturato di sangue, il che indica che il volto della vittima era stato coperto durante l'attacco". Le osservazioni di Bond erano in generale un tentativo di ricostruzione del comportamento del criminale basati sugli elementi a sua disposizione. Suggerì audacemente che la polizia doveva cercare un uomo calmo, apparentemente inoffensivo, probabilmente di mezza età e ben vestito. Uno dei compiti principali degli agenti della BSU è quello di dare il loro parere su eventuali collegamenti fra uno o più casi. Bond fece qualcosa di molto simile se non analogo. Incluse nel suo rapporto l'osservazione che le mutilazioni delle varie vittime da lui esaminate (Nichols, Chapman, Eddowes e Kelly) erano della "stessa mano".

Questa affermazione riflette quello che i moderni sviluppatori di profili chiamano "firma", o le tracce di quei comportamenti che il criminale attua per soddisfare le sue ossessioni e che spesso sono comuni a tutti i crimini commessi da uno stesso assassino seriale.
Bond riteneva inoltre che il criminale fosse un uomo di "grande freddezza e coraggio" e, alla fine della sua indagine, concluse che "le mutilazioni sui corpi sono state eseguite da un uomo con nessuna conoscenza o pratica di anatomia o chirurgia, probabilmente l'esecutore non possedeva neanche le conoscenze di un macellaio o di qualcuno abituato a sezionare animali".


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